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Storia di Natale Marzari

Dopo 41 anni e 5 mesi, nel maggio 2006 la magistratura di Trento ha riconosciuto l'esistenza  e  la gravità di quella malattia rara che nessuna altra istituzione o persona singola della provincia di Trento ancora mi riconosce, e per negare la quale ancora mi perseguita.    Natale Marzari

 

MIOPATIA MITOCONDRIALE

 


  I MECCANISMI SOCIALI

Il sapere

I sogni

I comportamenti

I pregiudizi

Il feed back


  L'ESPERIENZA PERSONALE

La storia clinica

I sintomi

Le terapie sperimentate

La ricerca di accettazione

La risposta sociale

I bisogni

Le possibilità

Le prospettive

Il riconoscimento

 

 

LA BASE DI PARTENZA

 IN CORSO DI STESURA

In ogni animale che vive in gruppo, uomo compreso, la convivenza e la spartizione delle risorse vengono regolate con lo stabilire una scala gerarchica all'interno del gruppo stesso. E la mia famiglia, amante delle tradizioni, non si sognava neppure di intaccare o adattare questa metodologia di rapporti anche perché cosi insegnavano pure il D'io dei preti e la patria del Duce.

Madre, fratello 2, sorella 2, ..................... sorella 1, fratello 1, io, padre. Questa è stata ed è la gerarchia dei rapporti nella famiglia in cui ebbi l'avventura di venir raffazzonato.

Sperando di non di tediare con delle note introduttive della saga TOVAZZI/marzari. Inizio con le quattro figlie dei nonni materni che per rimanere coerenti alla tradizione famigliare e non perdere punti nei rapporti reciproci misero in cantiere i loro primogeniti prima possibile rimandando a passi successivi la formalizzazione dei rapporti con coloro che cooperarono materialmente alla concezione. I quattro reagirono in modo ognuno diverso, ma questa descrizione, pure interessante, ci porterebbe lontano dal filo del tema.

Il conconcezionante di mia madre, un bel uomo di famiglia benestante, non oppose obbiezioni rilevanti al riconoscere la figlia ed a sposarne la madre, ed il tutto venne persino incoronato con un bel viaggio nella casa madre del signore che come sapete è circondata da una città che si chiama Roma. Ed appunto Roma attirò successivamente mio padre dopo la visita del cuculo.

Dicevo riconoscere la figlia. Mia madre era sicura che sarebbe stato un maschio, no, no non per ragioni dinastiche o di continuità della linea maschile, queste cose non apparivano neppure nelle istruzioni mentali di mia madre, ma per una questione ben più profonda ed importante. Avrebbe dovuto chiamarsi Giuseppe, visto che non poteva chiamarsi Gesù. chiamò la figlia Giuseppina, ma non gliela perdonò mai.

La seconda fu più correttamente una figlia, e correttamente la chiamò Maria, e prediletta fu.

Il terzo venne portato in chiesa per imporgli il suo giusto nome di Gesù, e grande fu lo sconcerto quando l'arciprete don Giovanni Chiocchetti disse che quel nome non poteva essere usato per battezzare un seguace di chi l'aveva avuto, mia madre svenne per lo sgomento, e mio padre approfittò immediatamente della "vacazio legis" e indeciso fra Benito e Adolfo, optò per l'esotico tedesco con i baffetti di cui si parlava molto, ed Adolfo fu. Mia madre non accettò mai di essere stata scavalcata e non accettò mai il figlio che portava nel nome stesso il segno del sopruso da lei subito.

Completata la copia della sacra famiglia, e sempre risentita contro il parroco ed il marito per la copia imperfetta nei sessi e nei nomi, mia madre si guardò intorno per vedere come perfezionare il creato, incontrò il cuculo, e scodellò una creatura. Mio padre, con la passione di cuculare lui, se ne risentì alquanto, e consigliato dalla madre per la quale nuora equivaleva a malafemmina, gli diede il suo cognome ma pretese di essere lui solo a portarlo al battesimo. Non era però all'altezza della situazione, ed allorché l'arciprete gli chiese che nome volesse dare al presunto figlio, si ebbe il seguente interloquiare

Vittorio (mio padre): "Nome? Quale nome?"

Arciprete "Si Vittorio, al bambino è necessario dare un nome"

 Vittorio dopo una certa esitazione e superato l'impulso di riportarlo a chi aveva creato il problema: "come si chiama Lei?

Arciprete: "Giovanni, don Giovanni Chiocchetti"

Vittorio: "Allora lo chiami Giovanni come lei"

E Giovanni fu, anche se detto Gianni. E come l'apostolo prediletto di Gesù si chiamava Giovanni, anche il Gianni fu e rimase per sempre il figlio prediletto della di lui madre.

Come avevo anticipato, per un maschio che si rispetti, e mio padre si rispettava molto e molto rispettava sua madre, cuculare aumenta il rispetto, essere cuculati indispettisce e mio padre spostò a Roma il suo indispettimento e ci rimase 10 lunghi anni, ed io 30 anni dopo trovai Marzari Maria e Marzari Vittorio sull'elenco telefonico di Roma, ma già sazio dei fratelli e sorelle che conoscevo non sorse in me l'impulso di controllare se ne avevo altri.

Gli esseri umani attraversano due fasi della loro vita in cui sono esuberanti rispetto alle capacità di autocontrollo. Da piccoli dall'uso della parola e fino ai tre anni circa quando imparano ad essere soggetti ed acquisiscono il potere di dire di no, e nell'adolescenza quando passano da tutelati ad autocontrollati. Gli americani sono degli eterni adolescenti, e purtroppo eternamente esuberanti. Per questo fanno guai e sono l'obiettivo preferito di chi cerca qualcuno con cui prendersela. Nel mio caso, il guaio fu i loro bombardamenti su Roma per la preparazione dello sbarco ad Anzio. Mio padre imboscato pompiere quel giorno ebbe modo di strafare, prima spegnendo da solo degli spezzoni incendiari caduti su una bettolina portamunizioni carica e poi alla periferia di Roma salvando madre e figli in una casa bombardata portandoli giù dai piani elevati montando più scale del normale una sull'altra.

Ne seguì una licenza premio, ed una ventina di anni successivi una medaglia d'oro, mio padre giunge da Roma con onori, una divisa nuova, un incedere da conquistatore, inevitabile che riconquistasse anche mia madre. E trascorsi i prescritti nove mesi eccomi. Mio padre, anche per confermare la sua paternità voleva portarmi a battezzare ed impormi il nome di ciò che lo aveva reso onorabile, la guerra, e quindi Guerro, ma eravamo vicini a Natale, gli altri erano stufi della guerra, ed il figlio Adolfo spedito in collegio dalla madre suggeriva il nome di Natale, e Natale fui.

Passarono i tedeschi, passarono gli americani, passò la guerra e passò il residuo di legame fra mia madre e suo marito. Rimase mia madre con i cinque figli e forte del suo legame con Maria (la madre del suo D'io) e con il suo D'io, ma purtroppo il suo D'io non provvedeva a nessuno dei bisogni, ne a quelli dei suoi figli, anche se lei passava ore a conversare con lui ad alta voce davanti all'altare nel corridoio.

Ora il suo D'io era non solo onnipotente, ma anche buono e elargitore della provvidenza, se non provvedeva era colpa di qualcuno. Era necessario trovare di chi fosse la colpa e punirlo del suo malfare.

Mia madre passò la vita a lamentarsi con tutti dei torti che subiva dalle persone con cui viveva. Io sono stato la persona che ha retto più a lungo con lei, io sono la persona che ha accumulato la più grande quantità di colpe doverose di punizioni.

Ed io cercavo di capire.

Mi accorsi che la divisione del mondo in buoni (fascisti, religiosi, superiori, autorità, potenti, ricchi eccetera) ed in cattivi (comunisti, peccatori, pari grado, malati, estranei, stranieri, bisognosi eccetera) non spiegavano tutto quanto vedevo accadere, ed ero molto disturbato dall'essere immancabilmente catalogato fra i secondi, ed a nulla valevano qualsiasi azione o sforzo per essere classificato come appartenente ai primi e quindi accettato.

Inoltre fra i miei coetanei ogni questione veniva sempre e solo risolta a botte. Ne ricavai una allergia alla lotta fra umani, ma anche a quella nei confronti delle altre forme di vita e delle cose stesse, e anche questa forma di pensiero mi sarebbe poi stata rivolta contro, ma fa ancora sempre parte di me. Fra i miei coetanei ero il più debole perché figlio di genitori separati, padre alcoolizzato, e madre che non interveniva mai sistematicamente quando venivo aggredito e questo dava a loro libertà di azione. Ero molto debole per denutrizione e malattia mitocondriale, non ero assolutamente mai in grado di difendermi neanche da uno solo e venivo sistematicamente aggredito da quattro o cinque alla volta. La maestra Pierina e l'insegnante del doposcuola maestra Luigina mi accompagnavano a casa quando potevano, le altre volte erano botte ed urinate addosso.

Un brutto giorno nel tragitto per andare a fare la spesa passai davanti al negozio di mio padre dove vendeva giocattoli in legno, mio padre uscì e mi disse "Ciapa bocia" ovvero "Prendi bambino" e mi diede una pipetta di zucchero colorato in rosso, la presi e corsi via senza ringraziare. Ovviamente mangiai la pipetta, arrivato a casa mia madre mi disse di aprire la bocca, mi disse che avevo parlato con mio padre, io negai, effettivamente non avevo parlato, mi lavò la bocca con il sapone e poi presa da un raptus violento mi schiaffeggiò fino a che non mi chinai a terra e continuò a picchiarmi sulla testa e sulla schiena, poi, stanca mi disse "Tornerà tua sorella Maria e ne prenderai altrettante", cosa che avvenne alle cinque del pomeriggio e non potei neanche piegarmi a terra perché mi sorreggevano mentre mi picchiavano.

L'inverno successivo le mie sorelle si sarebbero sposate. Il fratello del fidanzato di mia sorella Maria era chierichetto, mia sorella voleva che servissi messa anch'io, ma al paese fare il chierichetto era un privilegio riservato a pochi bambini delle famiglie privilegiate ed anche loro se lo contendevano a botte a sangue. Se lo avessi fatto mi avrebbero annegato nella fossa lungo la ferrovia, e non potevo dirlo a casa perché sarebbe stato un creare problemi ed avrei ricevuto altre punizioni. Dissi però che non lo avrei fatto. E mia sorella mi sta ancora perseguitando e facendo perseguitare.

Mia madre non mi ha mai guardato benevolmente, non mi ha mai fatto una carezza, non mi ha mai detto ti voglio bene, non ha mai parlato bene di me con nessuno in nessuna occasione, ha sempre regalato ad altri o fatto sparire i pochissimi regali che ricevevo, ha sempre fatto in modo di allontanarmi fisicamente da lei mandandomi altrove, non ha mai intenzionalmente cucinato cose che mi piacevano, ha sempre ripresentato in tavola quei cibi che sapeva essermi sgraditi, ha regalato le scarpe nuove che mi ero comperato in primavera alle svendite per metterle a Natale, non mi ha mai portato in nessun luogo che mi desse piacere, e più grande diceva a tutti che le facevo mancare il necessario per vivere e su suggerimento di una sua sorella le mandavo i soldi con ricevuta bancaria invece di portarglieli personalmente come prima.

A 27 anni riuscii in qualche modo, anche grazie allo studio, a superare i terribili complessi e problemi relazionali derivanti da quanto subito e mi innamorai apparentemente ricambiato. Ma la mia mancanza di retroterra famigliare e l'avanzare della grave malattia venivano percepiti e sfruttati dalla persona a cui volevo bene e dalla sua famiglia, dovetti interrompere la relazione degradata ad un livello non più recuperabile e lo feci il pomeriggio della prima domenica di luglio del 1972. Non ne parlai con nessuno, il giorno successivo l'intero clan femminile della mia famiglia mamma, Maria, Giuseppina precipitò in casa della mia ex ordinandole di lasciarmi perché dovevo rimanere a casa con mia madre. Lo seppi per caso due mesi dopo.

 

IMPARATE DALL'ESPERIENZA

Tutte queste cose dovevano venire classificate in qualche modo, anche solo per sopravviverne, e niente di quanto conoscevo era in grado di classificarle. Non la religione che avevo abbandonato da otto anni, non la politica che rappresentava solo delle forme di lotte sociali malamente codificate, Non la psicologia che riferisce la cose alla psiche un riferimento inesistente come lo era l'anima per la religione. Non la ricchezza che rappresenta solo la vittoria di chi ha schiacciato e derubato altri. Non la prestanza fisica negatami dalla malattia.

Dovevo rassegnarmi a cercare, praticamente da solo e da zero.

Nel frattempo avevo imparato a guardare ed a vedere. cosa esiste già in natura che possa aiutare a decifrare e capire, se leggiamo ciò che è stato scritto sull'argomento ricaviamo solo che la natura è fatta di violenza e di lotta per la sopravvivenza. Solo se approfondiamo le conoscenze ben oltre la soglia della normale cultura scopriamo la vita organizzata, gli insetti sociali e la convivenza. Ma occorre uno sforzo ben maggiore ancora per capire che la sopravvivenza del gruppo può continuare solo se esiste un rispetto da parte del gruppo anche verso le cose esterne al gruppo stesso.

L'umanità è un raggruppamento di gruppi troppo recente per essere maturo, per avere nei suoi istinti una etica dei rapporto dentro i gruppi, fra i gruppi, e con l'esterno. Prevale ancora l'interesse del singolo, l'affermazione del singolo e la supremazia del singolo. Nessuno percepisce che il singolo solo non è in grado nemmeno di sopravvivere. Vediamo allora i tre tipi di rapporti in cui si possono suddividere i comportamenti.

  1. La prevaricazione, in cui possiamo includere l'omicidio per rapina, la guerra di occupazione, le razzie, la schiavitù, le leggi che creano, conservano o aumentano le differenze sociali, l'uso delle polizie per garantire lo spostamento di risorse da dove sono carenti a dove sono accumulate eccetera.

  2. L'inganno, in cui possiamo includere ogni religione, le catene di S. Antonio, la pubblicità, i patriottismi, gli ordini professionali eccetera.

  3. La collaborazione, un modo di rapportarsi in cui tutti incappiamo ma, che finiamo con il considerare estemporaneo, da deboli, da sciocchi, persino un male necessario, ma mai lo consideriamo il modo di rapportarsi più conveniente a qualsiasi livello lo si applichi.

La prevaricazione e l'inganno fanno leva su un neuromediatore che il nostro cervello produce in determinante circostanze: La dopamina. Tutti noi abbiamo delle incertezze e delle paure, ed abbiamo a disposizione solo due modi per controllare le une e le altre acquisire le conoscenze sufficienti, avere conferme da altri. Il primo modo è troppo difficile, non perché manchino le conoscenze da acquisire ma al contrario, ce ne sono troppe, e come facciamo a distinguere quali ci sono di aiuto e quali sono fuorvianti se quest'ultime costituiscono la quasi totalità? Ecco che il ricorrere alla conferma altrui ci risulta più facile, e ci ricorreremo più facilmente, specie nei momenti neri.

Lo sanno bene i signori di ogni guerra, come lo sanno bene i sacerdoti di ogni religione. cosa può portare una persona ad uccidere una persona che non conoscere o a rimetterci la vita per altri? Sembra difficile da capire, ma è semplicissimo basta insistere col dirgli due cose

  1. Tu sei migliore degli altri

  2. Noi, gruppo, siamo migliori degli altri

La prima affermazione funzionerà sempre efficacemente per far mantenere a noi malcapitati dei comportamenti che non ci sono utili, non ci servono, e ci possono quasi sempre essere dannosi, solo per avere qualche microgrammo di dopamina dal sentirci lodati

La seconda affermazione funzionerà per farci dare a chi ci manovra delle risorse con le quali ci dominerà ancora di più, o a mettere a disposizione tutta la nostra vita in una schiavitù volontaria o anche nel rimettercela la vita solo per avere qualche microgrammo di dopamina dal sentirci lodati.

E' interessante notare che sia i signori di ogni guerra sia i sacerdoti di ogni religione hanno in comune l'aizzarci contro un qualche nemico, questo non è difficile da capire se li identifichiamo come pericolosissimi parassiti in grado di condizionare anche le nostre percezioni. Ma diventa impossibile capire una loro caratteristica, persino se qualcuno ce la spiega. Perché hanno sempre immancabilmente nemici interni contro cui scagliarci?

Il fatto è che proprio il loro parassitismo senza propri limiti interni è causa di guai, limitazioni e problemi che altrimenti non ci sarebbero o sarebbero comunque minori, e poiché essi si avvantaggiano dal definirsi ed essere definiti "Maestri" nessuno dei guai da loro prodotti può essere ricondotto a loro, e quindi sarà colpa di un qualche "peccatore" o "sabotatore" o "traditore" interno che diventa necessario punire o meglio eliminare prima possibile.

c'è pure una seconda causa ed origine delle persecuzioni interne originate da questi signori di ogni guerra e sacerdoti di ogni religione, ogni tanto avviene che qualcuno dei loro compagni di merende prossimi o lontani afferra il metodo e cerchi di applicarlo a proprio vantaggio. Oppure ritengono sia più conveniente prevenire che succeda. O ancora sembra loro opportune sforbiciare i ranghi. Ecco quindi che fanno indicare qualcuno come nemico interno, lo fanno aggredire da tutti, fanno aggredire chi non coopera sufficientemente alla aggressione collettiva e preordinata ed ottengono di migliorare la loro dominanza ed aumentare la paura generale allo sfidarli.

CONTINUA..

 

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