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Traduzioni a cura di Natale Marzari Dopo 41 anni e 5 mesi, nel maggio 2006 la magistratura di Trento ha riconosciuto l'esistenza e la gravità di quella malattia rara che nessuna altra istituzione o persona singola della provincia di Trento ancora mi riconosce, e per negare la quale ancora mi perseguita. Natale Marzari |
SMITIZZAZIONI
Albero della cuccagna -
Buchi blu -
cappuccetto rosso -
Excalibur -
Monolito 2001 -
Uova di pasqua -
Vello d'oro
VELLO D’ORO
Arca
in Sumero antico indicava un contenitore curvo o cesta rotonda fatta
generalmente di giunchi o più raramente di vimini.
Dall’antichità
e fino a tempi recenti nel delta dell’Eufrate a Bassora si usavano come
imbarcazioni delle ceste di vimini impeciate col catrame e manovrate in piedi
con un remo.
Il
nome arca si diffuse sia come nome generico di contenitore vedi: arca della
santa alleanza, sia come struttura rotondeggiante arco, sia come nome
di generico di imbarcazione.
Argo
ovvero navigatore e argonauti navigatori dell’arca è da intendere quindi non
come nome proprio ma come sinonimo di armatore e rispettivamente di marinai.
A
quei tempi non c’era distinzione fra pescatori, trasportatori o commercianti,
e pirati, tutti erano un po’ l’uno ed un po’ l’altro, ma chi era capace
di costruire imbarcazioni o arche più solide e più capienti ed inoltre osava
sfidare l’incognito di mari sconosciuti, magari con rudimenti di navigazione
seguendo rotte e non limitandosi alla navigazione portolana, aveva più degli
altri la possibilità di guadagnare. E chi esercitava prevalentemente il
commercio rispetto alla pirateria poteva ritornare a rapportarsi con popolazioni
e prodotti diversificati e più facilmente scambievoli.
Stiamo
parlando ancora della civiltà del rame e di tempi in cui le società più
evolute erano attorno alla mezzaluna fertile, all’India e Indonesia, e la
lontana cina.
La
civiltà greca gravitava sulle coste dell’Asia Minore, e sulle isole del mare
Egeo molto probabilmente Argo era uno dei saccheggiatori dei resti della
civiltà dell’isola che noi chiamiamo di Santorino, civiltà distrutta da una
catastrofica esplosione vulcanica nel 1650 A.c. e per proteggere la fonte delle
ricchezze che lui depredava lasciava credere che provenissero da molto più
lontano, oltre le colonne d’Ercole nell’Atlantico.
Sicuramente
non si era lasciato sfuggire le coste nord dell’asia minore, e la città di
Samarcanda situata nell’angolo più lontano del mare Nero orientale era la
più proficua, perché irraggiungibile dalla concorrenza meno preparata, ed
inoltre capolinea delle carovaniere che portavano prodotti commercialmente
preziosi dall’Asia.
Sempre
dall’Asia giungeva un tessuto di una finezza mai vista, del colore leggermente
dorato e che si vendeva letteralmente a peso d’oro. Solo l’innalzamento
della temperatura più tardi avrebbe distrutto le basi agricole della civiltà
Minoica e Micenea impoverendo le popolazioni greche a tal punto da perdere i
riti religiosi, abbandonare i templi alla rovina e perdere persino l’uso e la
conoscenza della scrittura. La stessa mutazione climatica ebbe anche la
conseguenza di interrompere le carovaniere, solo in epoca Romana si sarebbe
ritornati ad importare dall’Asia il vello d’oro, e si sarebbe chiamato seta.
Anche i Romani spendevano cifre folli per la seta, ma ancora una volta la
decadenza dell’impero romano avrebbe prosciugato il commercio per alcuni
secoli, ma il nome seta rimaneva scritto.
Natale Marzari
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