21/4/98 NUOVE DIREZIONI NELLE MALATTIE MITOCONDRIALI Da alcuni anni si sa che difetti nelle unità delle cellule produttrici di energia conosciute come mitocondri sono la causa di una ampia gamma di disturbi chiamati miopatie mitocondriali o encefalomiopatie mitocondriali. I mitocondri hanno il loro proprio DNA e sono anche influenzati dal DNA del nucleo cellulare, cosicchè difetti sia in un tipo di DNA che nell'altro possono colpire le loro funzioni vitali. Ciò che sottostà a tali disturbi è stato scandagliato solo recentemente. Ora, con i finanziamenti della MDA Salvatore DiMauro ed Eric Schon, entrambi al Neurology Department della Columbia University di New York, hanno decifrato molte delle fasi coinvolte in questi disturbi ed hanno alcune idee su come essi dovrebbero essere trattati. La loro relazione è pubblicata su Neuroscientist di gennaio. Il dott. DiMauro dice che, nelle capsule Petri in laboratorio si possono correggere i guasti nel DNA mitocondriale anormale bloccandolo con i cosiddetti acidi nucleici peptidici. Egli osserva che si può aggiungere una proteina ai mitocondri dove c'è una deplezione o un difetto, aggiungendo al nucleo cellulare un gene per quella proteina, dopo aver leggermente modificato il gene così che egli faccia produrre alla cellula la proteina mitocondriale. Anche questo è già stato realizzato in laboratorio. DiMauro puntualizza comunque che entrambe le strategie dipendono innanzitutto dall'introdurre l'acido nucleico peptidico o il nuovo gene nei tessuti malati, e se questo non è un problema in una capsula di laboratorio, è però un grande ostacolo quando il tessuto bersaglio è un nervo o un tessuto all'interno del corpo. I disturbi mitocondriali sono ora talvolta trattati con sostanze che sembrano compensare la perdita di alcune funzioni di produzione di energia. Queste sostanze includono il coenzima Q10, la carnitina, le vitamine C e K, e vari componenti del complesso della vitamina B, specialmente la riboflavina Perfino un piccolo aiuto può significare molto nei disturbi mitocondriali, dice il neurologo dott. DiMauro. "I pazienti possono manifestare la malattia quando hanno l'85% di mitocondri mutati in un dato tessuto, ma se essi hanno l'80%, essi possono stare molto, molto meglio e possono non manifestare i sintomi. Così, se si può cambiare la proporzione anche solo leggermente, si può dare un grande beneficio al paziente." Schon, un biologo molecolare, sta lavorando allo sviluppo dei primi modelli animali di encefalomiopatie mitocondriali, nei quali si potranno sperimentare le strategie di trattamento. -fine- Per altre informazioni su altri disturbi mitocondriali e sulla ricerca vedi in questo sito:
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