PUBMED - Encefalomiopatia mitocondriale e carenza del complesso III e nutazione nel gene per il citocromo b

La paziente ed i metodi

La paziente

La probanda è una donna di 34 anni che era stata vista da noi la prima volta a 17 anni. Lei aveva una storia di intolleranza all'esercizio progressiva e acidosi lattica a partire dall'età di ~9 anni. La biopsia muscolare rivelò molte RRF e carenza grave dell'attività del complesso III (5% del controllo) nei mitocondri isolati (Darley-Usmar ed altri ¹⁹⁸³; Kennaway ed altri ¹⁹⁸⁴). Le altre attività della catena respiratoria erano normali. Le analisi Western blot rivelarono bassi livelli di molteplici subunità del complesso III, e lo spettro del citocromo mostrava una grave riduzione del citocromo b con livelli normali del citocromo aa₃. L' attività del complesso III era normale nei leucociti del sangue periferico, nei linfociti trasformati, e nelle colture di fibroblasti cutanei (Darley-Usmar ed altri ¹⁹⁸⁶). L'esame all'esercizio di allora mostrava una precoce soglia anaerobica e grave riduzione nel consumo massimale di ossigeno (Elliot ed altri ¹⁹⁸⁹). La valutazione della capacità bioenergetica muscolare con la spettroscopia a risonanza magnetica [³¹P] (MRS) rivelò bassi livelli di fosfocreatina relativamente al fosfato inorganico, con lento recupero dopo l'esercizio (Eleff ed altri ¹⁹⁸⁴). Dopo il trattamento con menadione e ascorbato, la paziente mostrava miglioramento nei parametri clinici, come pure nello stato bioenergetico dei suoi muscoli scheletrici, come documentato da [³¹P]-MRS (Eleff ed altri ¹⁹⁸⁴; Argov ed altri ¹⁹⁸⁶).

All'età di 19 anni, la paziente aveva chiare evidenze di encefalopatia, con labilità emozionale, attacchi epilettici, anomalie nell'EEG, intermittenti allucinazioni visive, depressione, e problemi psichiatrici. A 23 anni, venne effettuata una agobiopsia muscolare, con consenso informato, durante un selettivo legamento bilaterale delle tube. Il menadione era stato sospeso a causa del suo ritiro da parte della FDA. L'anno dopo, lei sviluppò crescenti episodi di encefalopatia, con scarso equilibrio, diplopia, confusione, allucinazioni, e occasionali scatti mioclonici. Questo continuò negli anni successivi, accompagnato da nausea, vomito, e attacchi epilettici parziali complessi. Lei venne colpita da un ictus al lato sinistro dal quale lei si recuperò completamente. All'età di 31 anni, erano evidenti problemi emozionali con perdita di memoria, vertigini, vomito, e perdita di peso. L'ecocardiogramma e l'esame retinico erano normali. A causa della eccessiva menorrea mestruale, era stata effettuata una selettiva isterectomia, e campioni di utero vennero congelati per analisi successive. Nei successivi 2–3 anni, la paziente si è rimarcabilmente ristabilita, senza grossi episodi encefalopatici. Recentemente, lei sviluppò cisti ovariche, che richiesero asportazione chirurgica. Queste vennero identificate come cistoadenoma mucinoso benigno. Contemporaneamente vennero prelevati campioni di tessuto ovarico e di muscolo addominale retto, con consenso informato, e congelati per successive analisi del DNA. Queste studi erano stati approvati dal nostro Institutional Review Board.

Colture di fibroblasti

I fbroblasti cutanei in coltura sono stati fatti crescere in alpha MEM (Gibco BRL) con aggiunta di penicillina (100 IU/ml), streptomicina (100 μg/ml), e 10% di siero bovino fetale. Con aggiunta di uridina (50 μg/ml) quando indicato.

Istochimica e immunocitochimica muscolari

Il muscolo scheletrico, ottenuto da biopsia aperta, venne immediatamente congelato in isopentano raffreddato in azoto liquido e conservato a −80°C. Le sezioni muscolari (8 μm) vennero colorate per citocromo c ossidasi (COX), succinato deidrogenasi (SDH), e ATPasi per l'actomiosina miofibrillare, come descritto altrove (Taanman ed altri ¹⁹⁹⁶). Il tipo di fibre venne determinato dall'attività della ATPasi a pH 9,4, successiva alla preincubazione a pH 4,5. Le RRF vennero identificate con la colorazione tricromica di Gomori modificata o dall'aumentata attività della SDH. L'immunocitochimica è stata effettuata come descritto altrove (Keightley ed altri ¹⁹⁹⁶; Taanman ed altri ¹⁹⁹⁶), usando un anticorpo monoclonale per la subunità COX I (COXI) e anticorpi policlonali per la subunità 1 del complesso I (ND1, un gentile omaggio del Dr. R.F. Doolittle), olocomplesso II (holoII, omaggio fornito da Dr. B. Akrell), ed a 3 subunità del complesso III (la proteina Rieske, la proteina da 13,4-kDa, ed il citocromo b, generosamente fornito da Dr. L. Yu).

Isolazione, clonazione, e sequenziazione del mtDNA

Il DNA venne isolato dai tessuti come descritto altrove (Keightley ed altri ¹⁹⁹⁶). Per le radici dei capelli, venne usata una modificazione di un metodo standard (Bing e Bieber ¹⁹⁹⁸). Brevemente, una porzione di 1-cm contenente la radice venne risciacquata in acqua deionizzata sterile. Le cellule vennero lisate nottetempo a 37°C in 0,01 M Tris-Cl, pH 7.4, 0,01 M EDTA, 0,01 M NaCl, 1% SDS, e 0,15 mg/ml proteinasi K ed il DNA purificato con estrazione organica e precipitazione in etanolo (Sambrook ed altri ¹⁹⁸⁹). Il gene per il citocromo b venne amplificato con la PCR usando il primer diritto 5′-AGGAGAATTCTTAGAAGAAAACCCCACAAAC-3′ alterato (nucleotidi enfatizzati) ed il primer rovescio 5′-ATAGCGGCCGTTGATGGGTGAGTCAATAC-3′, i quali legano ai nt 14599–14629 e 16088–16060 del mtDNA, rispettivamente. Le sequenze sono numerate in accordo alla sequenza di riferimento per il filamento L di Cambridge (Anderson ed altri ¹⁹⁸¹). La reazione PCR (75 μl) contenente 10 pmol di ogni primer, una gelatina di 10 mM Tris-Cl (pH8.3), 50 mM KCl, 1.5 mM MgSO₄, 0.01% (w/v), 160 μM dNTPs, e la Taq polimerasi. Le reazioni vennero ciclate 32 volte per 20 s a 94°C, 30 s a 64°C, e 60 s a 72°C. I prodotti amplificati vennero purificati dai gel agarosi usando Wizard PCR Preps (Promega), digeriti con Sau3AI, e clonati con legazione entro BamHI-digerito pBSII-SK⁺ (Stratagene). Dopo la trasformazione degli Escherichia coli XL-1 Blue (Stratagene) (Hanahan ¹⁹⁸⁵), le colonie vennero selezionate ed i plasmidi di DNA vagliati per identificare i cloni rappresentanti ognuno dei frammenti della Sau3AI (mtDNA nt 14871–15061, 15062–15358, e 15359–15592). La 5′ fine del gene per il citocromo b venne clonata usando il sito EcoRI introdotto dal primer PCR diretto alterato (basi enfatizzate nella sequenza sopra riportata) ed un sito XhoI un nt 14955; i cloni direzionali vennero generati digerendo i prodotti della PCR in agarosi purificata con EcoRI e XhoI e ligando la frazione risultante di 352-bp dentro pBSII-SK⁺. Il clone direzionale (EcoRI/XhoI) ed i cloni interni a Sau3AI vennero sequenziati da plasmidi di DNA (di entrambe le corde, con un minimo di due cloni ognuno), usando il kti di sequenziazione della Sequenase deaza-dGTP (USB). La 3′ fine del gene resisteva alla clonazione e di conseguenza i cicli sequenziarono (entrambe le corde) dei prodotti della PCR per l'intera lunghezza, usando la contrasssegnatura a fluorescenza per i terminatori didesossinucleotidici ed un sequenziatore automatico 373A della Applied Biosystems.

Ricerca e quantificazione della mutazione 15242G>A del citocromo b con la PCR-RFLP

La mutazione 15242G>A introduce un sito di restrizione Eam1104I, il quale venne usato per sviluppare un saggio per la PCR basata su RFLP per la ricerca della mutazione. Una frazione di 769-bp, la quale si estendeva fra nt 14976–15744 del mtDNA e conteneva anche due siti di Eam1104I di tipo selvatico (nt 15031 e 15451), venne generata con la PCR (volume della reazione 50-μl) come sopra, eccetto che (1) per il primer diretto che era 5′-GAATCATCCGCTACCTTCACGCC-3′ (nt 14976–14998) ed il primer rovescio che era 5′-AGGAGGTCTGCGGCTAGGAGTCA-3′ (nt 15744–15722) e (2) 30 μM dATP (o dCTP) vennero usate invece 160 μM. Le reazioni vennero ciclate 24 volte per 20 s a 94°C, 30 s a 68°C, e 60 s a 72°C, seguite da un ciclo addizionale (usando una denaturazione di 2-min) in presenza di 5 μCi (3.000 Ci/mmol) di [α³²P]-dATP (o dCTP). I prodotti della PCR contrassegnati vennero digeriti con Eam1104I (Stratagene) e risolti con un PAGE non denaturante (6% di poliacilamide). Nel tipo selvatico di mtDNA vennero prodotti frammenti da 420, 291, e 58 bp. Nel mutante, la frazione da 420-bp era suddivisa in 2 frammenti da 217 e 203 bp. La proporzione del mtDNA mutante venne quantificata dai frammenti da 420-, 217-, e 203-bp, usando un sistema di fosfoimmagini ed un software IMAGEQUANT (Molecular Dynamics), con sottrazione delle aree locali di sfondo.

Analisi di fibre muscolari microsezionate

Per l'analisi di singole fibre muscolari, sono state preparate numerose sezioni muscolari alternando spessori di 8 e 40 μm. Le sezioni da 40-μm vennero colorate immunocitochimicamente con antisieri per la proteina Rieske del complesso III e messe in etanolo al 50%. Anche le sezioni affiancate da 8-μm di spessore sono state colorate immunocitochimicamente per la proteina Rieske, e queste, colorandosi più intensamente delle sezioni da 40-μm, sono state usate come riferimento per vagliare le adiacenti sezioni da 40-μm se positive o negative per il complesso III . Inoltre le sezioni affiancate da 8-μm sono state colorate istochimicamente per la SDH, per identificare le RRF. Singole fibre sono state microsezionate dalle sezioni da 40-μm usando microelettrodi di acciaio inossidabile e vennero preparate come descritto altrove (Keightley ed altri ¹⁹⁹⁶). Le analisi PCR-RFLP vennero condotte come descritto sopra, eccetto che (1) vennero usati 40 pmol di ogni primer, (2) venne usata la PCR con partenza a caldo, e (3) le reazioni vennero ciclate 30 volte per 40 s a 95°C, 40 s a 60°C, e 40 s a 72°C. L'ultimo ciclo di contrassegnatura (95°C per 1 min, 60°C per 45 s, e 72°C per 2 min) venne effettuato su 35 μl della reazione PCR, dopo aggiunta di ulteriori 15 pmol di ogni primer, 2 U di Taq polimerasi, e 10 μCi di [α³²P]-dCTP (6,000 Ci/mmol). I prodotti della PCR vennero purificati in colonne Microspin S-200 HR (Pharmacia), essiccati sotto vuoto, e sono stati sottoposti alle analisi RFLP come descritto sopra. Per le analisi statistiche è stato usato l'esame alternativo t della Welsh (Instat Program, version 2.01).

Istochimica e immunocitochimica delle sezioni di muscolo

Precedenti studi muscolari della nostra paziente avevano identificato numerose RRF, la completa assenza di fibre COX negative, ed una carente attività del complesso III associata con carenza di molteplici subunità (Darley-Usmar ed altri ¹⁹⁸³; Kennaway ed altri ¹⁹⁸⁴). Di conseguenza noi abbiamo cercato di capire se potevamo usare un metodo immunocitochimico per confermare una isolata carenza del complesso III in una serie di sezioni muscolari (fig. 1). I risultati mostravano che individualmente le fibre di tipo I (freccia nera) o le fibre di tipo II (freccia bianca) potevano essere identificate come complesso III positive (freccia piena) o negative (freccia contornata), sulla base della loro immunoreattività intermiofibrillare punteggiata (mitocondri) verso gli antisieri contro le subunità del complesso III (citocromo b, la proteina Rieske, e la proteina da 13,4-kDa), comparate con la loro immunoreattività agli anticorpi contro il complesso I (NDI), il complesso II (holoII), o il complesso IV (COXI). La colorazione più intensa con gli antisieri contro la proteina Rieske, comparata con quella degli antisieri contro il citocromo b o la proteina da 13,4-kDa, riflette la più forte immunoreattività antisiero della proteina Rieskem; Il segno più intenso per le RRF nella regione subsarcolemmale appare essere prevalentemente non specifico. Questi risultati non solo confermarono la specificità della carenza del complesso III ma, in aggiunta, identificarono un mosaico di fibre di tipo I e fibre di tipo II positive e negative per il complesso III, suggerendo una mutazione nel gene del mtDNA - codificante per il citocromo b in questa paziente.

Figura 1

Istochimica e immunocitochimica di numerose sezioni di muscolo scheletrico della paziente. Le fibre di tipo I (spesse) e e di tipo II (sottili) sono distinguibili sulla base della loro intensità per la colorazione per l'attività delle ATPasi, COX, e SDH (top). Il nero (continua ...)

Ricerca di una mutazione nel codone di stop nel gene per il citocromo b

Vedendo la grave e specifica carenza del complesso III in questa paziente ed il mosaico delle fibre muscolari positive e –negative per il complesso III, abbiamo dapprima sequenziato il gene per il citocromo b nei muscoli. Questo identificò una transizione G→A al nt 15242 (15242G>A), la quale converte una glicina di un codone in un codone di stop (G166X; fig. 2; ^GenBank numero di accessione AF254896). Questo scambio, che non era stato riportano precedentemente, provoca la perdita di 215 aminoacidi, rappresentanti il 57% della proteina al terminale C del citocromo b. La sola altra alterazione nel gene della paziente per il citocromo b, comparato alla sequenza di riferimento di Cambridge, era il riportato A15326G polimorfismo (Andreu ed altri ^1999b). Abbiamo esclusa anche la presenza delle comuni mutazioni MELAS A3243G e MERRF A8344G mtDNA (dati non mostrati).

Figura 2

Identificazione di una mutazione non senso nel gene per il citocromo b. Autoradiogramma di un sequenziamento di DNA diffuso in gel nt 15230–15247 (5′→3′) del mtDNA umano, confronto della sequenza con il controllo (a sinistra) e del paziente (continua ...)

Quantificazione della mutazione del codone di top del citocromo b nei diversi tessuti

La mutazione 15242G>A crea un sito di restrizione Eam1104I, il quale ci permette di sviluppare un semplice metodo PCR-RFLP per la ricerca e la quantificazione della proporzione del mtDNA mutante. Le analisi PCR-RFLP dei muscoli scheletrici e del sangue della paziente e dei suoi consanguinei (fig. 3) rivelò livelli molto alti della mutazione 15242G>A (87%) nei muscoli scheletrici della paziente e livelli molto bassi, ma rintracciabili nel sangue (0,7%). Bande mutanti molto sottili suggerirono la presenza di quantitativo in tracce della mutazione (<0,2%) nel sangue della sorella della paziente, ma questa era al limite della rintracciabilità. La mutazione non è stata trovata nel sangue di sua madre e nemmeno in >80 campioni di controllo (58 campioni di sangue e 28 campioni muscolari di controlli e pazienti con una varietà di malattie neuromuscolari). Analisi per le mutazioni in altri tessuti della paziente (fig. 3) mostravano livelli molto alti di mtDNA mutante nel muscolo addominale retto (92%), alti livelli in utero (61%), e bassi livelli nel tessuto ovarico, entrambi da cisti stesse e dal tessuto circostante che conteneva contaminazioni da cisti (4%–5%). La proporzione del mtDNA mutante nei fibroblasti variava con la lunghezza del tempo di coltura, crescendo costantemente dal 29% al 75% nel corso di 10 raddoppi di popolazione in un periodo di 7 settimane (fig. 3). Si vedeva una simile tendenza indipendentemente dal fatto se al mezzo di coltura fosse stata aggiunta o meno uridina, che è essenziale per la crescita delle cellule con carenza respiratoria (King e Attardi ¹⁹⁸⁹) (dati non mostrati). In una serie di 22 singole radici dei capelli delle paziente, la mutazione 15242G>A è stata trovata in 8; le proporzioni della mutazione variavano ampiamente, andando dal <0,4% al 66% (media 4,6%).

Figura 3

Distribuzione e quantificazione della mutazione per il citocromo b 15242G>A nei diversi tessuti. Il mtDNA venne amplificato con la PCR, con ultimo ciclo di contrassegnatura, per generate una frazione da 769-bp, la quale è stata digerita con Eam 1104I, ed i frammenti sono stati separati con un non denaturante (continua ...)

Proporzione della mutazione 15242G>A del citocromo b nelle singole fibre muscolari

Le singole fibre sono state classificate come positive o negative per il complesso III sulla base della immunocolorazione di sezioni affiancate con antisieri contro la proteina Rieske del complesso III (vedere fig. 1) quindi analizzate con la PCR-RFLP. I risultati (fig. 4) mostravano una significante correlazione fra le proporzioni della mutazione 15242G>A nelle fibre positive per il complesso III (32%±29%; media ± SD), comparate con le fibre negative per il complesso III (66%±26%) (P<.0001), e specialmente nelle RRF negative per il complesso III (89%±8%) (P<.0001). I valori medi corrispondenti erano 33%, 76%, e 89%, rispettivamente. La reazione immunopositiva in 3 delle 33 fibre con >70% della mutazione 15242G>A e la reazione immunonegativa in 6 di 31 fibre con <50% della mutazioni molto probabilmente riflette il fatto che la immunocolorazione era stata effettuata nelle sezioni da 8-μm immediatamente adiacenti alle sezioni da 40-μm usate per le analisi della mutazione, e ci può essere della variabilità nella distribuzione del mtDNA mutante, persino fra sezioni adiacenti. Un altra possibilità è che non c'è una esatta correlazione fra i livelli della proteina Rieske e le proporzioni del mtDNA mutante, poiché la carenza della proteina Rieske è un fenomeno secondario, riflettendo la mancanza di assemblaggio o aumentata degradazione delle subunità del complesso III codificate dal nucleo, come una conseguenza della carenza di citocromo b funzionale.

Figura 4

Proporzione della mutazione per il citocromo b 15242G>A in singole fibre muscolari. Sono state fatte numerose sezioni muscolari alternativamente di spessore di 40 e 8 μm. Le sezioni da 40-μm e le sezioni affiancate da 8-μm vennero colorate immunocitochimicamente per (continua ...)

Discussione

La nostra paziente, alla quale era stata diagnosticata molti anni fa una carenza del complesso III, è stata di interesse particolare per via della sua ben documentata risposta clinica e bioenergetica al trattamento con menadione e ascorbato, che venne supposto bipassare il difetto del trasporto degli elettroni fra ubichinolo e citocromo c (Eleff ed altri ¹⁹⁸⁴; Argov ed altri ¹⁹⁸⁶). Sebbene gli originali studi muscolari — includendo le analisi western blot, enzimatiche, spettrali — avessero tutte indicato una grave e specifica carenza del complesso III, le basi molecolari non erano conosciute. Il complesso III della catena respiratoria mitocondriale trasferisce elettroni dall'ubichinolo al citocromo c, in coppia con il trasferitore di elettroni attraverso la membrana mitocondriale interna. Esso contiene tre centri redox attivi (il citocromo b, il citocromo c₁, e la proteina FeS Rieske) ed è composto da 11 subunità polipeptidiche, 1 delle quali (citocromo b) è codificata dal mtDNA. Le malattie del complesso III sono relativamente rare, comprendendo solo il 7% dei pazienti con malattie della catena respiratoria di una recente serie di 157 pazienti (von Kleist-Retzow ed altri ¹⁹⁹⁸). Una carenza del complesso III può essere sia di origine nucleare che mitocondriale. Gli studi immunocitochimici dei muscoli scheletrici, qui presentati, confermarono la specificità della carenza del complesso III nella nostra paziente e, cosa più importante, identificarono un mosaico di fibre del complesso III immunopositive e immunonegative, suggerendo fortemente una mutazione del mtDNA. La possibilità di utilizzare antisieri alla Rieske o alla proteina da 13,4-kDa per questi esperimenti riflette presumibilmente una mancanza di assemblaggio o una aumentata degradazione delle subunità del complesso III codificate dal nucleo in assenza di un citocromo b funzionale, come avviene anche nel lievito (Sen e Beattie ¹⁹⁸⁵). Nei pazienti con carenza di COX associata con mutazioni del mtDNA si trova subito istochimicamente un mosaico di fibre COX positive e negative (Keightley ed altri ¹⁹⁹⁶; DiMauro e Bonilla ¹⁹⁹⁷). Per contrasto, non è disponibile alcuna colorazione istochimica che documenti un simile mosaicismo in pazienti con carenza del complesso I o del complesso III. I nostri risultati suggeriscono che l'immunocitochimica, usando numerose sezioni muscolari ed anticorpi specifici per il complesso I o per il complesso III, possono rappresentare una tecnica di valutazione diagnostica per localizzare una specifica carenza nella catena respiratoria , specialmente in piccoli campioni muscolari. Questa tecnica può fornire anche un indirizzo per le analisi molecolari focalizzando sia sul genoma nucleare che su quello mitocondriale. Ancor più, per le mutazioni del mtDNA, questa tecnica può essere usato per confrontare le proporzioni del mtDNA mutante con il fenotipo in singole fibre muscolari, un passo critico per stabilire la patogenicità di una mutazione del mtDNA, come è stato qui dimostrato.

La mutazione 15242G>A nella nostra paziente è pressoché certamente patogenica, producendo una proteina troncata del >50% al terminale C. Ulteriori evidenze per la patogenicità sono le seguenti: (1) la mutazione è eteroplasmiche e si ritrova in proporzioni più alte nei tessuti colpiti (muscoli) che nei tessuti non colpiti (sangue); (2) non è stata descritta altrove e non è stata identificata nei campioni di controllo; (3) la mutazione è coerente con il fenotipo biochimico ed immunocitochimico che ha indicato isolata carenza del complesso III (più ancora, il modello delle subunità carenti, documentato altrove con le analisi western blot, includeva le proteine core 1 e 2 e la proteina Rieske, risparmiando il citocromo c₁, un modello identico a ciò che si vede nel lievito mutante carente del citocromo b [Sen e Beattie ¹⁹⁸⁵]); e (4) c'è una correlazione genotipo:fenotipo in singole fibre muscolari, con fibre immunonegative per il complesso III avendo una proporzione del mtDNA mutante significativamente più alto delle fibre immunopositive per il complesso III.

La mutazione 15242G>A nella nostra paziente è stata la seconda mutazione patogenica del citocromo b ad essere identificata (Dumoulin ed altri ¹⁹⁹⁶; Kennaway ed altri ¹⁹⁹⁸). Successivamente, sono stati descritti altri 12 pazienti con mutazioni del citocromo b (tabella 1). Rimarcabilmente, anche cinque di questi avevano mutazioni nel codone di stop, ed un altro aveva una delezione da 4-bp che anche portava alla terminazione prematura della traslazione. Molti degli altri avevano mutazioni dentro o chiuse ai siti di legame dell'ubichinone del citocromo b (Iwata ed altri ¹⁹⁹⁸; Andreu ed altri ^1999c), suggerendo che la maggior parte, se non tutte, le mutazioni del citocromo b è probabile abbiano un grave effetto sulla produzione mitocondriale di energia.

tabella 1

Sommario dei pazienti con mutazioni nel gene del mtDNA codificante il citocromo b Gene^[Note]

I fenotipi dei 14 pazienti con mutazioni del citocromo b sono sorprendentemente simili, 10 su 14 presentavano una isolata intolleranza all'esercizio e acidosi lattica, talvolta accompagnate da mioglobinuria (4 su 14). Nessuno aveva oftalmoplegia. In almeno nove pazienti, includendo la nostra, vennero identificate RRF nei muscoli. Le RRF sono comunemente trovate in pazienti che hanno grandi riarrangiamenti del mtDNA o mutazioni nei geni per i tRNA codificati dal mtDNA e sono state descritte anche in un minimo di tre pazienti con mutazioni nei geni per la COX codificati dal mtDNA- (Keightley ed altri ¹⁹⁹⁶; Comi ed altri ¹⁹⁹⁸; Clark ed altri ¹⁹⁹⁹) (OMIM 516050.0003, OMIM 516030, e OMIM 516040, rispettivamente). Comunque, esse non sono normalmente trovate in pazienti con mutazioni in altri geni codificanti proteine, tipo quelle in ND1 (OMIM 516000), ND5 (OMIM 516005), o ND6 (OMIM 516006), comunemente associate con la LHON, o la mutazione 8993T>G nel gene A6 associata con la sindrome di Leigh o la debolezza muscolare neurogenica, l'atassia, e la retinite pigmentosa (NARP [OMIM 551500]). I fattori che fanno scattare la proliferazione dei mitocondri in alcune ma non in altre malattie dei geni del mtDNA codificanti proteine non sono conosciuti. Comunque, i nostri risultati ed i dati sopra indicano che la presenza di RRF non riflette necessariamente un difetto generalizzato della sintesi delle proteine mitocondriali, come precedentemente pensato, ma è più probabile rappresenti un grave deficit di energia in cellule con alti livelli di mtDNA mutante.

La consistenza del fenotipo nella maggior parte dei pazienti con mutazioni nel gene per il citocromo b contrasta con altri pazienti con carenza del complesso III, nei quali l'età di insorgenza e le manifestazioni cliniche variano ampiamente; in molti casi, questo può riflettere mutazioni nei geni codificati dal nucleo piuttosto che dal mtDNA (Mourmans ed altri ¹⁹⁹⁷). C'è un contrasto simile fra la maggioranza dei pazienti con mutazioni del citocromo b e la maggior parte dei pazienti con mutazioni nei geni per il tRNA codificati dal mtDNA nei quali la variabilità delle manifestazioni cliniche è enorme. Ancora in contrasto con i pazienti con mutazioni del tRNA, la quali sono frequentemente ereditate maternamente, tutti i pazienti con mutazioni del citocromo b, con la possibile eccezione della nostra, sono stati casi sporadici, suggerendo che la mutazione del citocromo b, se presente nella linea germinale materna, possa frequentemente essere letale durante il primo sviluppo fetale. Le mutazioni in altri geni del mtDNA codificanti proteine, tipo quelli nel gene A6 associati con la sindrome di Leigh o NARP, o la mutazione nei geni per il complesso I comunemente associati con la LHON, comunque, sono pressoché sempre ereditate maternamente. Il fatto che le mutazioni LHON siano solitamente omoplasmiche, non siano associate con le RRF, e siano ereditate maternamente suggerisce che esse possano avere un effetto meno grave sulla sintesi dell'ATP della mutazione nel gene per il citocromo b, discussa sopra. Studi sulle linee cellulari transmitocondriali aiuterebbero a rispondere a questa domanda.

La nostra paziente differisce dalla maggior parte degli altri pazienti con mutazioni nel citocromo b in due importanti aspetti. Primo, sebbene la sua presentazione fosse dominata dalla grave intolleranza all'esercizio e acidosi lattica fra i 9 ed i 19 anni, lei ha avuto attacchi epilettici dai primi anni dell'adolescenza, ed ha sviluppato significante encefalopatia negli ultimi 15 anni. Questo aumenta di molte volte la possibilità che, anche altri pazienti possano progredire ad un fenotipo più grave. Un altro paziente con una mutazione del citocromo b aveva una presentazione predominantemente neurologica, descritta come sindrome Parkinson/MELAS sovrapposte giovanile (paziente 5, tabella 1), e due altri avevano una grave cardiomiopatia ipertrofica (pazienti 11 e 14). Questi tre pazienti avevano anche una presentazione più grave ad insorgenza più precoce, comparata con molti altri pazienti. Da rilevare, che almeno due di questi avevano livelli rintracciabili di mutazioni nel sangue e o nei fibroblasti.

La seconda differenza fra la nostra paziente e la maggior parte degli altri casi concerne l'origine e la distribuzione tissutale delle mutazioni. Nei pazienti con una isolata miopatia scheletrica, il mtDNA mutante era assente nel sangue e o nei fibroblasti in tutti i casi esaminati. Questo è coerente con la restrizione del fenotipo clinico ai muscoli scheletrici, l'insorgenza spontanea di queste mutazioni, e la probabilità che esse non possano essere trasmesse ai discendenti dei pazienti (Griggs e Karpati ¹⁹⁹⁹). La distribuzione fortemente distorta delle mutazioni fra sangue o fibroblasti, comparata con i muscoli, e la restrizione del fenotipo clinico ai muscoli, hanno portato alla suggestione che la mutazione in questi pazienti sia potuta crescere nelle cellule progenitrici dei muscoli, dopo differenziazione delle lamine germinative primarie (Andreu ed altri ^1999c). Comunque, un'altra possibilità è l'avvenire di una mutazione sporadica durante la prima embriogenesi o nella linea germinale materna, con una distribuzione fortemente distorta nei tessuti della paziente, crescendo o come risultato di una segregazione mitotica o di una selezione contro la mutazione attraverso alcuni meccanismi sconosciuti nella maggior parte dei tessuti. Certamente, l'assenza delle mutazioni del mtDNA nel sangue e nei fibroblasti non preclude la sua presenza in molti altri tessuti, come illustrato nel paziente con una mutazione eteroplasmica del tRNA^Leu(CUN) il quale aveva sordità neurosensoriale e retinopatia in aggiunta ad un grave miopatia scheletrica (Fu ed altri ¹⁹⁹⁶). Nella nostra paziente, la mutazione 15242G>A era relativamente largamente distribuita, con livelli molto bassi nel sangue, bassi livelli nel tessuto ovarico, e livelli moderatamente alti in utero e fibroblasti cutanei coltivati. Molto importante, la mutazione era presente anche nelle radici dei capelli. In contrasto con tutti gli altri tessuti esaminati, i quali sono di origine mesodermica, le radici dei capelli sono derivati dal ectoderma primitivo, indicando che la mutazione nella nostra paziente deve essere cresciuta molto presto nella embriogenesi, prima della separazione delle lamine germinative primarie, o nella linea di cellule germinali materne. Analisi del sangue dalla madre e dalla sorella della paziente non differenziava fra queste due possibilità.

Sebbene la proporzione media della mutazione 15242G>A nelle radici dei capelli della nostra paziente fosse solo del 4,6%, i risultati di proporzioni molto più alte in alcune singole radici dei capelli (più del 66%) piuttosto che nel sangue (0,7%) suggerisce che le radici dei capelli possono fornire un metodo più sensibile per la ricerca di mutazioni eteroplasmiche del mtDNA, come è stato suggerito altrove, in studi su una famiglia portatrice della mutazione mitocondriale tRNA^Glu (OMIM 590025) (Hao ed altri ¹⁹⁹⁵). L'esaminazione del mtDNA mutante in pazienti con MELAS, MERRF, e NARP mostrava una buona correlazione fra la percentuale del mtDNA mutante nel sangue, comparato con i muscoli, le cellule buccali, e le radici dei capelli (Wong e Lam ¹⁹⁹⁷). Questi autori sottolinearono che mettere insieme le cellule delle radici dei capelli minimizza le discrepanze ottenute con l'analisi di singoli follicoli. Comunque, in pazienti tipo la nostra, nei quali il mtDNA mutante nel sangue è appena rintracciabile, l'ampia variabilità nelle radici dei capelli suggerisce che la misura del mtDNA mutante nei singoli follicoli possa essere più sensibile per la ricerca di portatori asintomatici della mutazioni nei quali il livello del mtDNA mutante in follicoli analizzati insieme possa essere al limite della rintracciabilità.

La marcata variabilità nella distribuzione del mtDNA mutante fra differenti tessuti (per es., muscoli e sangue) e persino dentro singoli tessuti (per es., fibre muscolari o radici dei capelli) riflette presumibilmente la segregazione replicativa. Nei fibroblasti cutanei coltivati, la crescente proporzione della mutazione 15242G>A al crescente del tempo di coltura è difficile da capire, poiché non c'è un ovvio vantaggio selettivo per le cellule o i mitocondri portatori di alti livelli di mutazioni nel codone di stop. Comunque, nelle colture di fibroblasti di un paziente con triplasmia di mtDNA intracellulare, venne trovato che anche le proporzioni di una mutazione (5656A>G) crescevano con crescenti tempi in coltura (Bidooki ed altri ¹⁹⁹⁷). Inoltre, crescenti proporzioni del mtDNA mutante sono stati riportate nel corso del tempo in vivo in pazienti portatori di delezioni patogeniche del mtDNA (Larsson ed altri ¹⁹⁹⁰) o mutazioni puntiformi (Weber ed altri ¹⁹⁹⁷). In una famiglia con una mutazione eteroplasmica tRNA^Glu, le proporzioni del mtDNA mutante (studiate in singole radici dei capelli) tendono ad aumentare in successive generazioni (Hao ed altri ¹⁹⁹⁵). Infine, nelle linee cellulari transmitocondriali portatrici della mutazione MELAS 3243, vennero trovati differenti livelli di eteroplasmia sia con aumento, diminuzione, o stabilità con il trascorrere del tempo di coltura; sebbene i meccanismi responsabili di questi cambiamenti non siano stati compresi, essi appaiono dipendere dal retroterra nucleare delle cellule (Yoneda ed altri ¹⁹⁹²; Dunbar ed altri ¹⁹⁹⁵).

La presenza della mutazione 15242G>A nelle radici dei capelli della nostra paziente suggerisce che la mutazione possa essere presente anche nel CNS, il quale è anche derivato dal primitivo ectoderma. Ciò sarebbe coerente con i suoi sintomi neurologici. A questo riguardo, si deve notare che la microdelezione nel citocromo b del paziente con una malattia neurologica più grave descritta come sindrome Parkinson/MELAS sovrapposte giovanile (tabella 1) era presente anche nelle radici dei capelli. Il ritrovare mutazioni eteroplasmiche del citocromo b nelle radici dei capelli dei due pazienti con manifestazioni encefalopatiche suggerisce che l'analisi delle radici dei capelli può fornire un utile riflesso della distribuzione tissutale delle mutazioni, del potenziale fenotipo clinico, e, forse, il rischio di trasmettere la mutazione ai loro discendenti. Queste questioni possono solo avere risposta da ulteriori studi a lungo termine di altri pazienti.

Riconoscimento

Ringraziamo Dr. Robb Moses per il dono della polimerasi Taq, George Cole per la preparazione delle sezioni muscolari, il Dr. Bradley Popovich ed il suo staff per l'utilizzo del loro laboratorio e la fornitura di assistenza tecnica, i Drs. David Hunter e Marc Mauney per l'aiuto nell'ottenere campioni tissutali, ed il Dr. Eric Shoubridge per la revisione del manoscritto. Questo lavoro è stato supportato da un finanziamento della Muscular Dystrophy Association.

Database di informazioni elettronico

Numeri di accesso e URLs per i dati in questo articolo sono i seguenti:

GenBank, http://www.pubmedcentral.nih.gov/redirect3.cgi?&&auth=0_9FuJgXkYEa6b9BERgdETDsuhuz-nTLRFnv1gQLS&reftype=extlink&artid=1287917&iid=124295&jid=203&FROM=Article%7CCitationRef&TO=External%7CLink%7CURI&article-id=1287917&journal-id=203&rendering-type=normale&&http://www.ncbi.nlm.nih.gov/Genbank (per la sequenza del citocromo b nella nostra paziente [numero di accesso AF254896]).